Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay / Michael Chabon

2001 (c) Rizzoli - p. 821

La storia in breve:

Joseph Kavalier è un ragazzo di Praga che riesce a fuggire (in qualche modo grazie al Golem) dalle persecuzioni naziste, rifugiandosi a New York (anno 1939) presso il cugino Sammy Klayman. Jo(s)e(ph) e Sam(my) sono i protagonisti di un’avventura di successo (mal retribuito) nell’ambiente dei fumetti: il primo come abilissimo disegnatore, il secondo come inesauribile inventore di storie. Il genere è quello del super eroe, il loro primo personaggio è l’Escapista (che come simbolo ha una chiave d’oro): ossia un cultore dell’arte della fuga alla maniera di Houdini (arte coltivata a Praga dallo stesso Joseph). La sua missione è quella di liberare gli oppressi.
In questa linea s’innestano e s’intrecciano i disperati tentativi di Joe di salvare la propria famiglia rimasta in Cecoslovacchia, i rapporti con gli editori e la città di New York, l’ostilità di Joe nei confronti dei tedeschi residenti in città, l’Empire State Building, la latente omosessualità di Sam, l’amore tra Joe e Rosa, la partecipazione degli Stati Uniti alla Seconda Guerra Mondiale e la fuga di Joe, il matrimonio tra Rosa e Sam, il figlio di Rosa (Tommy), il ritorno di Joe ed il conquistato lieto fine.

 

Commento:

Un romanzo intenso e denso di vita.

Le ambientazioni (da Praga a New York), l’intrecciarsi di Storia (la seconda Guerra Mondiale, la persecuzione contro gli ebrei, la vita newyorchese negli anni 40) e storie (quelle dei protagonisti, dall’infanzia alla loro gioventù, le avventure dei loro fumetti, le loro relazioni sentimentali...) non a caso sono state premiate con il Pulitzer. La struttura narrativa procede con salti temporali che a volte rendono impossibile al lettore la repentina messa a fuoco del reale svolgersi delle vicende, a volte gli permettono di conoscere un particolare esito con largo anticipo rispetto alle azioni che lo hanno determinato (azioni descritte poi lungamente nei capitoli successivi). In questo modo la voce narrante impersonale, che conosce al dettaglio i sentimenti dei personaggi, non rinuncia a solleticare il lettore, a riempirlo di esistenze, a commueverlo, a dargli colore e calore. Infatti l’accuratezza di questo romanzo in ogni frase, dove ogni gesto ed aspetto dei personaggi è linguisticamente agganciato ad una similitudine, rende inevitabile la soddisfazione piena e sincera che ne accompagna la lettura. Un romanzo che si permette il lusso di usare una parziale storia dei fumetti senza apparire banale, né superficiale, né tantomeno scialbo.

Stralci:

[Joe sta pensando alla sua famiglia ancora lontana]

Joe si mise una mano in tasca e prese l’arancia [...] se l’avvicinò al naso e aspirò profondamente, cercando di trarre qualche motivo di buonumore o di consolazione nel profumo vivido, oleoso, impalpabile della buccia. Invece ebbe solo paura. Aveva il respiro corto, affaticato. L’odore acre del tunnel, che si riversava attraverso la feritoia aperta, sembrava scacciare tutto il resto. All’improvviso, lo squalo del terrore, che non mancava mai di fare il suo giro di ronda dentro il corpo di Joe, emerse in superficie. Non puoi salvarli, disse una voce così vicina al suo orecchio che si guardò attorno. Nessuno gli aveva parlato.

[pag. 236]

[Love, un influente uomo d’affari, incontra Joe]

Il ragazzo aveva una bella stretta di mano, ferma e asciutta. Anche se pareva che li portasse da troppo tempo, i suoi vestiti erano di buona qualità: una camicia con le cifre ricamate sul taschino, una cravatta di seta cruda, pantaloni grigi di lana pettinata, con un bel risvolto. Ma aveva l’aria denutrita dell’immigrato, gli occhi infossati erano stanchi e circospetti, le punte delle dita macchiate di giallo. Le unghie erano in ordine, ma sporche di inchiostro. Aveva l’aria di uno che non riposa bene da tanto tempo, anzi sembrava stanco morto e – a Love, poco attento, di solito, ai sentimenti altrui, parve strano essersene accorto – era triste. Un newyorkese meno beneducato probabilmente gli avrebbe chiesto: Dov’è il morto?

[pag. 281]

[Joe rincontra Rosa ad una festa]

"Ci siamo già conosciuti" disse Rosa. Era quasi una domanda [...] "Non credo" disse. Tossì, in parte per dominare il proprio turbamento, per camuffare la risposta tenera che aveva appena ricevuto dal suggeritore nascosto tra le luci della ribalta del suo desiderio e anche perché gli si era asciugata la gola. Provò uno strano bisogno di chinarsi su di lei – era una ragazza piccola di statura, di quelle che con la testa gli arrivavano appena al collo – e baciarla sulla bocca, davanti a tutti, come avrebbe potuto fare in sogno, e che quella lunga, felice discesa attraverso la distanza che separava le loro labbra durasse minuti, ore, secoli. Fino a che punto era un’immagine surreale? Invece si mise una mano in tasca e prese le sigarette. "Una come te, non avrei potuto dimenticarla" disse.

[pag. 312]

[Tommy è il figlio di Rosa]

Tommy non aveva creduto del tutto a questa spiegazione. Aveva avuto fin dall’inizio la sensazione, anche se non sarebbe stato in grado di esprimerla, perché alla sua età, sia il nome sia l’esperienza del dolore erano, anche se non estranei, latenti, non ancora individuati, che Joe fosse un po’ strano o che avesse patito qualche sofferenza molto particolare, ma era troppo sconvolto dal modo di vivere di suo cugino [che lui crede essere suo cugino, N.d.R.] e dalle possibilità che ne derivavano a lui stesso per volere approfondire quel pensiero.

[pagg.668-669]

Gli articoli che Joe aveva letto sui quotidiani a proposito della imminente indagine del senato sui giornali a fumetti, non mancavano mai di citare l’escapismo [ossia quel genere disegnato da Joe Kavalier N.d.R.] nella litania delle conseguenze dannose provocate dalla loro lettura e si soffermavano sugli effetti perniciosi dell’assecondare il desiderio di fuga, spesso presente nelle giovani menti. Come se, nella vita, ci fosse qualche compito più nobile o utile da assolvere.

[pag. 749]